La Thai Boxe, dalle origini antichissime, che fondono insieme storia e leggenda, è a detta della maggior parte dei conoscitori di arti marziali una delle forme di combattimento più efficaci e complete mai concepite dall’uomo.
Uno dei personaggi più noti della storia Thai, le cui gesta sono riportate sui libri scolastici e ricordate tutti gli anni in tutti gli stadi Thailandesi di Muay Thai, è Nai Khanom Dhom che, catturato dall’esercito birmano insieme ai suoi soldati durante il sacco dell’antica capitale Ayudhaya, si conquistò la libertà sconfiggendo a mani nude 12 dei più forti gladiatori nemici, il tutto sotto gli occhi del Re birmano Mangra, che volendo costatare da vicino la grande potenza della Thai Boxe grazie alla quale tanto famoso era il popolo thai, sfidò il miglior Thaiboxer tra i prigionieri e proprio il Re del regno del Siam che era famoso per essere un temibile combattente, affrontò 12 dei migliori guerrieri locali che praticavano una forma di lotta del tutto simile alla Thai Boxe chiamata Parma o più comunemente Boxe-Birmana.
Lo stesso Re Mangra rimase talmente colpito dall’efficacia dei suoi colpi che decise di concedergli la libertà.
Da allora ogni 17 Marzo è dedicato alla sua memoria ed in ogni stadio di Muay Thai del regno è il giorno di tutti i pugili che praticano la Boxe Thailandese.
Sotto il regno di Naresuem il Grande la Muay-Thai diventò parte dell’addestramento dell’esercito.
Questo Re grazie alla sua abilità riuscì a vincere parecchi duelli che ebbero rilevanti conseguenze dal punto di vista storico-politico.
Proprio per questi meriti venne dichiarato eroe nazionale.
Ma è sotto il regno di Pra Chao Sua (1703-1709), soprannominato “Il Re Tigre” per la sua abilità di combattente di Thai Boxe, che la Muay-Thai raggiunse l’apice della popolarità.
Infatti, in seguito ad un periodo di pace e benessere generale, il popolo Thai ebbe la possibilità di dedicarsi alle attività preferite ed in breve la pratica della Thai Boxe divenne uno dei passatempi più diffusi ed amati del paese.
Tutti quanti, uomini e donne, giovani e vecchi, ricchi e poveri, presero a frequentare con entusiasmo i campi d’allenamento detti comunemente” Muay Thai Camp”.
Si narra che lo stesso “Re Tigre” era solito visitare in incognito villaggi e città per poter sfidare i campioni locali di Thai Boxe e spesso, dopo averli battuti ed intascato il premio in palio, se ne andava senza rivelare la sua identità.
Proprio per queste antiche e nobili tradizioni la Thai-Boxe venne chiamata lo “Sport dei Re”.
I combattimenti di quell’epoca erano durissimi, paragonabili più a scontri tra gladiatori che a competizioni sportive: i due contendenti, per colpire con la massima forza ed efficacia, erano soliti bendarsi le mani con delle corde o delle strisce di cuoio o dei crini di cavallo intrecciati, che qualche volta venivano impregnati con un miscuglio di resine e frammenti di vetro.
L’unica protezione ammessa era una conchiglia fissata all’inguine con della stoffa.
Non esistevano categorie di peso o limiti di tempo ed il combattimento duravano fino alla sottomissione di uno dei pugili.
L’insegnamento della Muay-Thai è stato mantenuto obbligatorio in tutte le scuole del regno fino al 1923.
Intorno al 1930 si ebbe una svolta nella pratica della Boxe-Thai, infatti, furono introdotte nuove regole, mutuate dalla Boxe Inglese, che contribuirono a ridurre notevolmente gli incidenti ed a favorire la diffusione di quest’affascinante disciplina anche fuori della Thailandia, tali regole erano costituite dall’inserimento dell’uso dei guantoni, delle categorie di peso, rounds, ecc..
Ancora oggi la Muay-Thai è lo sport nazionale Tailandese e viene attivamente praticata da migliaia di appassionati nelle grandi città come nei piccoli villaggi.
A Bangkok ci sono due stadi principali dove è possibile assistere ogni giorno a numerosi combattimenti, uno è il Lumpini Stadium, gestito dalla polizia, l’altro è il Radchadamnoen Stadium, gestito dall’esercito. Numerosi sono i mezzi d’informazione, giornali e Tv, che giornalmente trattano di Thai Boxe.
Vi sono delle considerazioni da fare riguardo alla pratica della Thai-Boxe: la prima è che dietro la spettacolarità di questa disciplina ci sono le particolari situazioni economiche che investono molto spesso le famiglie dei Thaiboxers, che vedendo nella Muay-Thai una possibile fonte di guadagni, inviano i loro figli nei campi d’allenamento fin da tenera età, e dal momento del loro ingresso, cominciano subito ad allenarsi con la mentalità dei professionisti.
Già dall’età di circa dieci-dodici anni i Baby Thai-Boxers cominciano a disputare i loro primi incontri.
Naturalmente l’unico compenso per i maestri è costituito dalla percentuale sulla “borsa” degli atleti, quindi tirare su dei combattenti è per loro più che una passione, un investimento, per cui non c’è da stupirsi se dei ragazzi di circa vent’anni hanno alle spalle già più di un centinaio di combattimenti di Thai Boxe, arrivando anche fino a duecento a fine carriera.
La seconda considerazione serve più che altro a precisare che le tecniche della Muay-Thai non sono che una parte del bagaglio tecnico del sistema di difesa che comprendeva (oltre le gomitate, le ginocchiate, i pugni, i calci, tecniche di corpo-a-corpo e le proiezioni di lotta) anche l’utilizzo di tecniche di lotta e delle armi (Krabi Krabong) come spade, lance, giavellotti, pugnali e bastoni.
La terza considerazione riguarda la scimmiottata, a volte a tutti i costi (perché spesso sono proprio le federazioni internazionali ad imporlo), della danza propiziatoria (Ram-Muay) e degli altri riti tipici dei pugili Thai, in nome della tradizione.
Dietro a questi rituali, infatti, ci sono, dei profondi sentimenti religiosi che naturalmente hanno un senso in un determinato contesto e che se ripetuti al di fuori di questo diventano falsi e puramente scenografici.
Attualmente la Boxe-Thai ha raggiunto un enorme grado di diffusione in tutto il mondo, e finalmente anche gli atleti hanno raggiunto una valutazione più adeguata da parte degli organizzatori e dell’opinione pubblica soprattutto all’estero dove vengono organizzati, ormai da anni con cadenza quasi settimanale, dei galà professionistici di Muay Thai di rilevanza internazionale.
Storia della Kick Boxing
La codificazione di svariati stili come diversi regolamenti mirati all’aspetto sportivo, scopo… in qualche modo di dimostrare un metodo, o regolamento, efficace e di interesse! I più fortunati, o i più accreditati, trovarono qualche anno dopo la seconda guerra mondiale modo di svilupparsi sino a raggiungere la notorietà e i loro obbiettivi.
In Giappone, terra di pionieri e di “fermento” di stili, si va ad attribuire la nascita della kickboxing e di stili analoghi.
Quest’ultimi però mantennero fede al vecchio karategi (kimono), cosa inversa invece accadeva nella kickboxing, che si annunciava un metodo di combattimento efficace e sportivo.
Questo nuovo modo di combattere miscelava tecniche di boxe con l’aggiunta dei calci e ginocchiate, praticata su una superficie piana in palestra e presentata al pubblico su ring.
T. Fujiwara il simbolo della kickboxing giapponese degli anni ’70, che in un certo modo creò anche il look della kickboxing, iniziò la sua pratica ed esemplare carriera sotto la guida del leggendario maestro K. Kurosaki.
La kickboxing dunque era lì pronta per essere “importata”.
Nel contempo un noto americano di nome Joe Lewis, al quale oggi si va attribuendo il titolo di più rispettabile pioniere, prima dell’idea del fullcontact, e successivamente, nominato padre della kickboxing americana.
Proveniente dal karate, lanciò per primo l’idea di praticare il karate fullcontact con guantoni e K.O. su ring.
Ne sperimentò le prime regole in modo da poter unificare sotto un unico tipo di combattimento svariati stili, che allo stesso tempo risultasse valido, senza rovinare l’aspetto tecnico.
L’alba lucente del karate full contact americano o american karate free style era iniziata.
Ufficialmente nasceva poco prima della metà degli anni settanta e si trovava giusto a mezzo, tra il karate tradizionale e la kickboxing giapponese.
Bill Wallace e, successivamente, Benny Urquidez contribuirono alla diffusione della Kick Boxing come sport.
Grazie allo stesso Joe Lewis e al coetaneo Bill “Superfoot” Wallace, le più note riviste catalogavano questo come il nuovo metodo di combattimento, consacrando questi due campioni come protagonisti della nuova era.
A conclusione di questo tipo di regolamento sportivo erano necessarie delle protezioni sicure, come guanti e scarpe da combattimento, che dessero garanzia e diversità.
Grazie al noto maestro coreano Jhoon Ree fu possibile adottare e migliorare, le protezioni da lui stesso ideate per il suo TKD.
Diventarono così equipaggiamento integrante per il karate full contact, permettendone lo sviluppo dell’allenamento e del combattimento.
Da lì a poco sulla stessa scia dei due leggendari americani, un altro noto connazionale, Benny “The Jeet” Urquidez, passò senza difficoltà dal karate al full contact, la più pura kickboxing giapponese, portando quest’ultima ai più alti e rispettabili consensi in tutto il mondo, con tanto di rispetto da parte dei giapponesi stessi.
Egli così facendo si consacrò a leggenda americana della kickboxing e sono ben note le sue imprese nei ring contro i più svariati campioni.
Grazie a due noti maestri italiani, il karate americano fullcontact approdava in Italia a partire dal ’77.
Agli inizi degli anni ’80, per merito del noto maestro Ennio Falsoni, sbarcò anche il leggendario Benny “The Jeet” Urquidez con la sua kickboxing, “recando stupore ai primi fullcontactisti italiani”.
In quasi tutta Europa, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, si diffondevano nelle palestre queste nuove pratiche e in alcuni Stati veniva praticato sia l’american karate fullcontact sia la kickboxing.
In altri per la maggiore veniva più accreditato il karate fullcontact come in Italia, o in Francia sotto il nome di Boxe Americaine.
Mentre in Olanda, per citare una tra le scuole più famose, la scia e la bravura del leggendario Fujiwara e del funambolico Benny “The Jeet” Urquidez consolidava la kickboxing.
Oggi diverse scuole come questa si sono specializzate nel combattimento ed includono la pratica del fullcontact come preparazione base per passare poi alla forma più avvince