Un anno prima della sua scomparsa, Christian Daghio ha rilasciato una video intervista durante la quale ci racconta la sua storia nella Muay Thai e soprattutto ci illumina su quelle che erano le caratteristiche mentali e fisiche che lo hanno portato ad essere il campione che tutti conosciamo, non solo sul ring ma anche nella vita quotidiana.
Il suo carisma, la sua passione e la sua anima hanno toccato la vita di migliaia di persone ed ancora oggi è fonte di ispirazione per molti.
In questo articolo abbiamo voluto onorarlo riportando le sue parole e sperando che siano di ispirazione a tutte quelle persone che seriamente hanno deciso di raggiungere un obiettivo nella vita, qualunque esso sia: diventare il nuovo campione del mondo, dimagrire, aprire un’azienda, migliorare il proprio assetto fisico e mentale. L’approccio di Christian è stato duro e lungo tutta una vita, come spiegherà lui stesso, e di sicuro non facile da replicare. Tramite la creazione del Kombat Group ha voluto creare un luogo dove vengono applicate le basi e i principi che lui stesso ha assimilato durante la sua scalata al successo, ma dove non vengono applicate le stesse metodologie.
Pratico la Muay Thai da 25 anni (nda. dal 1992) e sono in Thailandia da 23 (nda. dal 1994)
Christian
LA VITA PRIMA DELLA MUAY THAI IN THAILANDIA
“Quando ero bambino, in Italia il calcio era uno sport molto famoso e tutti i bambini desideravano essere calciatori, ed anche io ho avuto lo stesso desiderio. Non era però uno sport che mi si addiceva, perché era uno sport di squadra ed io ero piu per sport singoli, e quando ho visto che non era per me, ho lasciato stare. É stata l’unica cosa in cui non sono riuscito. Ogni volta che andavo a giocare a pallone finivo la partita espulso perché tutte le volte mi picchiavo coi miei avversari. La decisione degli sport da combattimento era ovvia!
Dopo il calcio ho praticato il football americano: questo sport mi piaceva di più perché c’era più contatto fisico e le persone venivano valorizzate per quanto dimostravano di non aver sofferto dopo una forte contusione o botta, che è il contrario del calcio.
Purtroppo in Italia era una disciplina che non ti dava molte possibilità e quindi ho iniziato il Kung Fu. Dopo aver preso la cintura nera ho abbandonato per la Muay Thai, che all’epoca era una delle discipline nuove per l’Italia e stava iniziando ad evolversi. Ho abbandonato il Kung Fu perché era poco sport da combattimento e più un’arte marziale, ed io mi sentivo più vicino agli sport da combattimento.
Quando ho iniziato la Muay Thai, durante uno dei primi giorni negli spogliatoi, noi ragazzi che iniziavamo il corso in Italia avevamo tutti uno scopo. Si parlava negli spogliatoi e si diceva: “Tu dove vuoi arrivare? Cosa vuoi fare?” E tutti dicevano i propri obiettivi: chi voleva fare una gara, chi voleva migliorarsi, chi voleva dimagrire, chi voleva diventare forte per poi andare a picchiare le persone che gli davano fastidio. Quando l’hanno chiesto a me, io senza dubitare, senza pensarci, ho detto devo diventare campione del mondo. Tutti hanno riso e hanno detto che era impossibile. Dopo circa 9-10 anni ho vinto la prima cintura di campione del mondo.
Fa parte della mia personalità di essere al top quando faccio una scelta. E non è questione di essere troppo spavaldi ma è la fiducia che si ha in se stessi nel raggiungimento degli obiettivi.
Quando ho iniziato la Muay Thai una delle prime cose che ho pensato è che sarei diventato campione del mondo, altrimenti non avrei buttato anima e cuore in questo sport.
Christian
“Impossible is nothing” è una frase di Mohamed Ali che ho fatta mia, pensando proprio a quello che mi era successo anni prima quando ero in Italia ed ho iniziato questa disciplina.
La cosa più importante quando si deve raggiungere un obiettivo è avere una mente forte che ti permette di superare tutti gli ostacoli. La mente forte fa sì che il corpo diventi forte. Ma non è vero il contrario: il tuo corpo quando è forte non può far sì che la tua mente diventi forte. La mente forte può farti oltrepassare dei limiti fisici che tu non avresti mai pensato di poter raggiungere. Un corpo forte non è niente.
Quando ho deciso di trasferirmi in Thailandia per fare il combattente di Muay Thai nessuno mi ha detto che facevo bene a farlo. I miei fratelli mi han detto che era una cosa da pazzi e che avrei dovuto pensare al mio futuro. Per altri era motivo di derisione, non c’è stato nessuno che mi ha incoraggiato. L’ultima frase che ho sentito della mia fidanzata italiana dell’epoca è stata: “Decidi, o me o la Thailandia.”
E la decisione è stata chiara!”
LE DIFFICOLTÀ AGLI INIZI DELLA VITA IN THAILANDIA
“Quando sono arrivato in Thailandia, questo era un paese molto diverso da quello che è adesso.
Sono venuto qui per imparare la Muay Thai e all’epoca non era così facile essere allenato come un combattente di Muay Thai, soprattutto perché la mentalità dei maestri thai era che la Muay Thai la fanno i thailandesi e non gli stranieri. Non è stato così difficile dimostrare che comunque io potevo diventare un combattente di Muay Thai, ma è stato abbastanza duro essere accettato dai maestri all’inizio.
Appena arrivato in Thailandia, ho girato diversi camp tra Bangkok, Koh Samui, Phuket e Pattaya. Il camp che ho trovato più vicino a quello che erano le mie esigenze di diventare un fighter di Muay Thai era proprio qui a Pattaya. Il maestro era giovane e di mentalità più aperta rispetto a tutti gli altri. Parlava inglese ed era più facile comunicare. La sua idea era che “se tu sei bravo ti insegno con tutto il cuore, non importa che tu sia thai o farang.” (nda. Farang = straniero)
In Thailandia sono venuto senza niente e, sinceramente, avevo voglia di diventare un fighter pro di Muay Thai. Non avevo nessuna idea di dove sarei arrivato: ho sempre avuto l’ambizione di poter arrivare al top, però non mi sono mai preoccupato di quello che potrebbe essere in futuro la mia vita.
Questo mi ha fatto andare avanti negli anni senza avere il pensiero di chiedermi “ma poi domani cosa faccio?”. Non ho mai avuto il pensiero di fermarmi o di tornare indietro perché sono sempre stato determinato nel raggiungimento del mio obiettivo, che era quello di fare la Muay Thai in Thailandia.
E non ho mai pensato di mollare. Per me fallire non è un’opzione.
Christian
Ho fatto delle scelte drastiche, che molte persone non possono fare. E li capisco, perché sono legate alla famiglia, al proprio paese, etc..Io non ho lasciato nel mio paese una porta aperta: ho chiuso. Per me partire voleva dire chiudere tutto e non pensarci più.
Per esempio, vivere qui come un fighter nei primi anni, sopravvivere dei pochi soldi che si prendevano dai match, voleva dire non comunicare con la famiglia perché non esisteva internet: fare una telefonata era costosissimo e molto difficile.
Una cosa che mi e pesata molto è stata la morte di mia nonna, una persona molto cara per me. É stato difficile sopravvivere nei primi periodi con i pochi soldi delle borse, e questa è stata la ragione per la quale non sono potuto andare al suo funerale in Italia.
Tutte queste scelte formano il carattere. In più, il tipo di addestramento che ho avuto in Thailandia mi ha fatto capire una cosa: che non c’è spazio per i dubbi o per pensare di non riuscire a fare una cosa. Un problema deve essere affrontato e risolto. Questo è quello che mi hanno insegnato ed ho imparato stando qui. Non esistono problemi che ti inducono a fallire, esistono problemi che devono essere risolti.”
LA VITA ALL’INTERNO DI UN CAMP TRADIZIONALE
Era una vita dura, perché dentro un camp si mangia quello che mangiano i thai e si dorme nei dormitori thai, che sono stanze di 3 mt x 3 mt con una spugna gettata per terra che fa da materasso e niente in più. Mi ricordo che il mio primo successo è stato quello di avere i soldi per comprarmi un ventilatore, che mi rendeva la vita un pò più facile nella mia cameretta.